PREMPLIFICATORE Y/F22 RAPTOR

Questo progetto nasce per esigenze lavorative, ma si è poi evoluto ed è diventato parte della mia Tesi di Laurea conseguita presso il Conservatorio G.F.Ghedini di Cuneo presso la Facoltà di Musica Elettronica a indirizzo Tecnico del Suono.

Mi hanno aiutato in ques’impresa il Prof. Gianluca Verlingeri e Giorgio Taramasso, che ringrazio calorosamente.

Vista l’enorme mole di lavoro richiesto per la realizzazione ho deciso di provare a sintetizzare lo studio, e la costruzione di questo apparecchio in un articolo che ho mandato alla redazione della rivista Costruire Hi-Fi.

L’articolo è stato pubblicato nel numero di questo mese:

 

Ringrazio il direttore Andrea Bassanelli, tutta la redazione della rivista e il direttore del  Conservatorio Borello Alberto.

 

MIDAS VENICE160: UN ATTREZZO DI LAVORO

Un service della zona mi contatta per la riparazione dei un mixer MIDAS VENICE.

Queste macchine rappresentano il Top in fatto di mixer analogici per il Service e quindi sono costruite in maniera robusta per durare nel tempo.

In questo caso più che di riparazione si tratterebbe di una rimessa a nuovo. Il mixer ha 15 anni e si vede dai segni lasciati dalle battaglie che ha dovuto affrontare, che è un attrezzo di lavoro. Sporcizia, graffi e residui di colla lasciati dal nastro di carta, sono sparpagliati un po’ ovunque.

In più il proprietario lamenta che i primi due canali, non funzionano e tutti gli altri soffrono di falsi contatti, rumori e scricchiolii vari.

In questi casi la prima cosa da fare è uno smontaggio completo e una pulizia generale. Telaio, manopole , connettori vanno accuratamente smontati e lavati per togliere ogni falso contatto presente.

La cosa è più facile a dirsi che non a farsi, in quanto ci sono più coperture da togliere e un infinità di viti da svitare; in più l’alimentatore è fissato al fondo ed è certamente separabile dal resto del telaio per manutenzione e misure, ma questo complica sia lo smontaggio che il rimontaggio del fondo del mixer.

L’interno è molto ordinato. Ci sono una scheda ingressi/uscite e una enorme scheda principale dove sono riuniti tutti i circuiti e i comandi della macchina; solo alcuni cavi piatti collegano le varie parti per portare i segnali e le alimentazioni.

Questo tipo di ingegnerizzazione, permette di alimentare il mixer anche quando è completamente smontato e posto sul banco di lavoro, rendendo così facilmente accessibili tutti i componenti elettronici per misure e verifiche.

Dopo lo smontaggio, la pulizia; visto che l’elettronica è molto sporca uso un prodotto particolare:

Il Clorotene. Questa sostanza chimica viene di solito utilizzata per la pulitura dei dipinti durante il loro restauro, io la utilizzo in quanto permette di pulire a fondo le schede elettroniche senza danneggiarne i componenti.

Dopo la pulizia generale, si vedono le cause dei rumori: in alcuni punti ci sono delle ossidazioni.

Gli sbalzi di temperatura e umidità dovuti al trasporto sui furgoni hanno fatto saltare il Solder Resist e scoperto le piste di rame del circuito stampato, che si sono ossidate è hanno preso il caratteristico colore verde.

Dopo aver pulito e ripristinato le connessioni mancanti cerco il guasto dei primo due canali;

questi hanno alcuni circuiti in comune e dopo un attente ricerca scopro che un amplificatore operazionale ha dato forfait. La sua sostituzione insieme ai condensatori di filtro risolve il problema.

Dopo il periodo di prova posso riconsegnare il mixer al Service che lo potrà usare ancora a lungo.

Ps. NON FATELO A CASA!!! IL CLOROTENE COME ALTRE SOSTANZE CHIMICHE VA USATO CON DISPOSITIVI DI PROTEZIONE ADEGUATI E IN LOCALI APPOSITI SE NON SI RISPETTANO TUTTE LE PROCEDURE PUO ESSERE MOLTO DANNOSO PER LA SALUTE. 

 

 

TELEFUNKEN M5: MODELLO “FRANKENSTEIN”

TELEFUNKEN M5: MODELLO “FRANKENSTEIN”

Questo è il classico restauro  che inizialmente sembra semplice, ma che poi si complica molto più del previsto.

Ma prima un pò di storia: il Telefunken M5  si può considerare come il primo registratore da 1/4 di Pollice, di tipo professionale che abbia avuto successo. È una macchina straordinariamente massiccia e pesante, molto solida e affidabile. Era venduto in una grossa valigia ed era considerato, per i tempi,  portatile (Se si può considerare portatile un oggetto del peso di quasi 40kg), anche se la maggior parte dei tecnici, lo  fissava a filo di un ripiano, per poterlo usare come macchina fissa.

Questo Tape Recorder e stato costruito in 4 versioni  la M5,M5a, M5b e M5c.

La M5 è stato il primo tipo ad essere messo in commercio nel 1954; Era a valvole, con trasmissione a cinghia, ed era esclusivamente monofonico. Con velocità del nastro selezionabili tra  9,5/19/38cm/s oppure  19/38/76 cm/s era molto versatile e per questo  si prestava ad essere usato negli studi delle radio di quel tempo.

La seconda versione M5a, è stata commercializzata nel 1963, naturale evoluzione della prima versione , presenta motore e frizione in un unico monoblocco a trasmissione diretta; e velocità ridotte a 19/38 o 38/76cm/s. L’elettronica rimaneva sempre valvolare e monofonica.

Per averne una versione stereo, bisognerà attendere il 1965 con il modello M5b, Elettronica allo stato solido con transistor al Germanio, Trasmissione diretta e velocità sempre 19/38 o 38/76 cm/s.

L’ultima versione la M5c è del 1968 l’unica differenza rispetto alla versione B riguarda l’elettronica con transistor al Silicio anziché al Germanio.

Sollevando il pannello frontale mi accorgo che i supporti delle bobine sono liberi di muoversi liberamente; guardando meglio vedo che sotto di essi c’è una puleggia… Ma questa versione non era a trazione diretta?  A questo punto sollevo l’intero pannello  e vedo che il motore e il telaio sono quelli di un M5 prima serie (con trazione a cinghia), la meccanica e il motore del Perno Capstan sono di un M5b e l’elettronica (come avevo già osservato) di un M5 versione C.

Questa macchina è costruita con pezzi di almeno 3 esemplari diversi! E adesso cosa faccio? Dico al cliente che si è fatto fregare e il suo registratore non ha alcun senso e sopratutto nessun valore?

Calma… ragioniamoci sopra; smontando completamente la struttura mi accorgo di alcune cose:

1) A giudicare dall’ossido distribuito sul telaio, le modifiche non sono recenti ma sono state eseguite parecchio tempo fa.

2) La meccanica del cambio velocità e il Perno Capstan sono correttamente allineati con le testine, che a loro volta sono correttamente allineate con i piatti.

3) Il trasformatore di alimentazione è stato sostituito con uno non originale.

4) Ci sono parecchi segni che la macchina è stata ferma per un certo periodo di tempo, ma che prima di ciò è stata usata.

Tutto questo mi fa supporre, che questa macchina non è un falso creato ad hoc per bidonare il primo compratore inesperto, ma si tratta di un “Frankenstein” assemblato con criterio da qualcuno che se ne intendeva e anche parecchio. Si vede dalla cura con cui è stato tagliato il telaio per ospitare la nuova elettronica, la disposizione dei cablaggi e l’accurata limatura della sede del Capstan per allinearlo correttamente. Si nota anche un attenzione particolare nella foratura del pannello laterale, per aggiungere i connettori Tuchel con lo scopo rendere stereofonica la macchina.

Considerato tutto ciò e visto l’uso che nel vuole fare il cliente, propendo per un accurato restauro.

Mentre eseguo i vari controlli di routine, salta anche fuori un altro problema: il Rullo Passivo di sinistra, che serve a mantenere il nastro teso  è consumato in modo anomalo. Smontandolo mi accorgo che ciò è dovuto al cuscinetto sottostante usurato. Ricambi di questo tipo non ne fanno più da anni e quindi, in apparenza risulta irreperibile. In realtà  dopo una lunga ricerca in rete trovo un ricambista specializzato in recuperi: smonta i vecchi apparecchi e poi rivende le parti ancora in buono stato.

 

Dopo aver avuto ampie rassicurazioni sullo stato del ricambio lo ordino. In realtà all’arrivo del pacco mi rendo conto che non si tratta di una parte di recupero, ma si un fondo di magazzino mai usato.

Meglio così, con un pezzo nuovo il funzionamento ottimale sarà garantito; per contro bisognerà fare un adeguato rodaggio prima che in nastro scorra senza fare alcun rumore.

Dopo tutte le sostituzioni, i controlli, le tarature e un adeguato periodo di prova, (sia in riproduzione che in registrazione) si conclude questo restauro dandomi grande soddisfazione.

 

LESLIE 760. L’ELETTROFONO DEGLI ANNI 2000

LESLIE 760. L’ELETTROFONO DEGLI ANNI 2000

Parlare dalla storia della musica senza citare gli amplificatori Leslie, è come parlare della Corsa allo Spazio senza parlare del programma Gemini.Il suo suono caratteristico è stato utilizzato da moltissimi Musicisti dagli anni 50’ in avanti; da Rick Wright dei Pink Floyd a Jon Lord dei Deep Purple, Tutti i tastieristi e chitarristi almeno una volta nella vita hanno sentito parlare di questo particolare amplificatore.

Infatti questo strumento in origine è stato costruito per essere abbinato agli organi Hammond, in modo da simulare, l’effetto tridimensionale di un ambiente chiuso.

Solo successivamente alcuni chitarristi provarono a collegare il loro strumento a questo tipo di amplificatore ottenendo il caratteristico effetto di Tremolo e Chorus che tutti conosciamo. Strutturalmente un Leslie si presenta come una macchina Elettro-Meccanica piuttosto complessa, in quanto è formato da amplificatori e da motori e ricorda più un Elettrofono degli anni 20’ che uno amplificatore propriamente detto.Il suono in entrata viene prima diviso in due gamme di frequenza: alta e bassa, che vengono poi amplificate separatamente e inviate a due altoparlanti distinti. I Bassi vengono inviati a un Woofer girato a testa in giù; sotto all’altoparlante c’è un riflettore acustico in legno, dalla forma a parabola, con pianta circolare che ruota sul proprio asse, azionato da un motorino elettrico mediante una cinghia e relativa puleggia.

Gli Alti vengono inviati a un Tweeter a compressione, che spinge il suono in un doppio diffusore a tromba, montato su un asse e posto in rotazione da un altro motorino elettrico dotato di cinghia.I due rotori sono tra loro indipendenti; quello dei bassi gira ad una velocità simile ma non uguale rispetto a quello degli alti, inoltre i sensi di rotazione dei due rotori sono opposti, creando così una modulazione del suono che cambia in continuazione.

Il Motori hanno due velocità chiamate Chorus e Tremolo: la prima prevede una rotazione molto lenta dei riflettori acustici, circa 40 giri al minuto, mentre la seconda, circa 400 giri al minuto. Il passaggio da una velocità all’altra non è istantaneo, in quanto le cinghie che trasmettono il moto sono di cotone, che le rende rigide. Nel momento in cui si passa da una velocità ad un’altra la cinghia perde di aderenza sulla puleggia e slitta per un certo tempo prima di recuperarla; in questo modo il cambio di velocità avviene gradualmente.

Gli effetti prodotti da questo meccanismo sono molteplici: la rotazione del riflettore acustico provoca una modulazione di ampiezza, di frequenza, di fase e di spettro, a seconda della direzione dei riflettori acustici, della velocità di rotazione degli stessi e della posizione dell’ascoltatore, con un fronte sonoro molto ampio e continuamente variabile. Si ottiene quindi una connotazione molto particolare del suono, estremamente difficile da riprodurre con altri dispositivi.

Nel modello che ho restaurato (IL 760); nel passaggio da tremolo a stop, viene esercitata un’azione di frenatura per far sì che i rotori si arrestino in fretta. Per fare ciò viene usato un circuito temporizzatore che inserisce per un certo tempo la modalità Chorus prima di disattivare del tutto i gruppi motori. In questo modo i motori diminuendo il loro numero di giri effettuano un’azione frenante sui rotori. Negli anni numerosi Kit di modifica venduti da terze parti, permettono di modificare questi apparecchi, per aggiungere la possibilità di cambiare la velocità dei motori anche nei tipi più vecchi in cui questa funzione non era prevista.

L’esemplare che vedete nelle foto mi è arrivato in buone condizioni estetiche ma mancante di parte dei meccanismi: era privo sia delle trombe che del relativo supporto, delle cinghie, del cavo per collegare la pedaliera di comando al cabinet e in più era stato parzialmente manomesso in un maldestro tentativo di riparazione. Il lavoro si è quindi inizialmente concentrato sulla ricerca delle singole parti mancanti sfruttando la Rete per trovarle. Dopo aver chiesto alcuni preventivi mi sono reso conto che era meglio rivolgersi ai rivenditori di pezzi usati ma garantiti, per evitare di rendere la riparazione non conveniente. I pezzi di ricambio originali Hammond costano tantissimo e farseli spedire dalla casa madre in America ancora di più; trovandoli originali ma usati qui in Italia si è potuto risparmiare quasi il 50% sull’originale.

Mentre aspettavo l’arrivo dei ricambi ho riparato l’elettronica, smontato e ripulito il cabinet, sostituito i cuscinetti ai motori e verificato il corretto funzionamento della pedaliera.

Dopo aver montato le trombe, le cinghie, e riallineato il tutto ho testato la corretta rotazione e velocità delle trombe. In ultimo ho collaudato l’amplificatore con un amico chitarrista, collezionista di questi apparecchi, che mi ha confermato la perfetta riuscita di questo restauro.

BLUES ANGEL OVERDRIVE: God Bless America!!!

Un ragazzo, studente del conservatorio da me frequentato, mi porta questo pedalino da riparare.
Apparentemente sembra un oggetto autocostruito: non ci sono serigrafie sul contenitore e al suo interno, è presente solamente una basetta di tipo millefori, di quelle che si usano per i prototipi dei circuiti amatoriali.
Anche lo stesso contenitore è di tipo standard, e non fatto su misura come tutti i pedalini commerciali; unica differenza è il colore sgargiante che gli è stato dato.
Girando però sottosopra il pedalino e guardano l’etichetta ci si rende conto che in realtà, si tratta di pedale della John Landgraff.

Questo costruttore custom è stato in attività dal 1999 al 2015 e le sue creazioni sono famose per la cura realizzativa, il suono straordinario e la grafica colorata e eclettica. I singoli componenti elettronici sono stati selezionati per la bassa rumorosità intrinseca, egli schemi sono stati scelti esclusivamente per il suono, indipendentemente dalla loro complessità. Tutto questo consente di realizzare macchine senza compromessi. Sul fondo del contenitore John non si limitava solamente a scrivere il modello e autografare le proprie creazioni ma, con un breve testo, illustrava da chi e dove era stato prodotto il singolo pedalino.
(Nel nostro caso il contenitore è stato decorato da Darren Johansen, il pedalino è stato assemblato per la Blues Angel Music da John e Roselyn Landgraff a Pensacola U.S.A). Per tutti questi motivi un pedale originale, anche usato, può al giorno d’oggi superare il migliaio di euro; nonostante l’attività continui sottola guida della moglie di Roselyn subentratagli alla sua morte.

Il pedale risulta non funzionante, aprendolo mi rendo subito conto del’elevatissima cura costruttiva. Il cablaggio è ordinato, i componenti sono disposti sulla basetta in modo che non possano interferire tra loro, ma allo stesso tempo possano essere sostituiti agevolmente in caso di guasto. Infatti dopo una breve ricerca scopro subito il componente incriminato ( un diodo che è andato in dispersione) e lo sostituisco; come da prassi ripulisco sia l’interno che l’esterno e poi lo testo a banco.

Dopo averlo provato a fondo, lo restituisco al suo proprietario, che nonostante la giovane età ha già imparato ad apprezzare il suono di questo straordinario oggetto.

OKTAVA ML-52: UN MICROFONO VENUTO DAL FREDDO

OKTAVA ML-52

Questo microfono è di mia proprietà, ed è stato il primo microfono a nastro da me acquistato alcuni anni fa.
Mi sono imbattuto in esso per caso, mentre cercavo un ricambio su un famoso sito di aste online.
Il proprietario lo vendeva come non funzionante: nessun segnale in uscita.
I microfoni a nastro sono, a livello di circuito elettrico, molto semplici: c’è solo il nastro e il trasformatore;a mancanza del segnale in uscita può essere dovuta a uno di questi due componenti che nel tempo si rompono.

Dalle foto sembra in buone condizioni; il venditore dice che è appena uscito dalla garanzia.
L’offerta è allettante, L’ML-52 è un microfono a doppio nastro di costruzione russa e le recensioni parlano di un suono ottimo; è quindi un buon punto di partenza per chi vuole provare un trasduttore a nastro senza dover aprire un mutuo.
Ma cosa vuol dire doppio nastro? Semplicemente anziché un solo nastro, ne sono presenti due,
messi parallelamente l’uno all’altro; in questo modo si raddoppia il segnale utile in uscita, senza dover utilizzare nastri più lunghi che avrebbero dei problemi di stabilità meccanica. Dopo averci pensato su un po’decido di comprarlo. Il microfono mi arriva entro una settimana nella sua valigetta di plastica. Esternamente si presenta in buone condizioni e una volta smontato, anche l’interno si presenta in buone stato.

E tecnologia U.R.R.S. ; quindi molto grezzo: non ci sono segni di bave sulle lavorazioni meccaniche, ma i singoli pezzi sembrano semplicemente lavorati quel tanto che basta, perché possano stare insieme; senza particolari rifiniture. Se per caso, dovessi sostituire uno dei magneti, quello nuovo sarebbe da adattare a colpi di lima per farlo combaciare con l’altro. È dai tempi in cui sono sbarcati i LUNACHOD nel MARE IMBRIUM che non vedevo dispositivi costruiti in questo modo.

In questo caso, probabilmente a causa di una caduta, uno dei due nastri è completamente deformato e l’altro ha le pieghe che si sono spianate quasi del tutto.
L’unica soluzione è rifarli entrambi.
Misurando lo spessore con il misuratore laser salta fuori un altro problema: i nastri originali risultano oltremodo più spessi di quanto mi immaginassi; risultano di ben 2,9um.
Purtroppo lamine da cui ricavare nastri così non si trovano in commercio, (dovrei farmele fare su misura con un aggravio di costi insostenibile) ripiegherò quindi su lamine standard di spessore 2.5um.
C’è ancora un ultima difficoltà: le piastrine che tengono in posizione il nastri sono state forate un po’ storte e quindi è difficile tenere il nastro perfettamente teso.
A seguito di alcuni tentativi, riesco finalmente a montare il tutto e posso richiudere delicatamente le piastre di protezione.
Dopo una misura di risposta in frequenza e una prova di registrazione posso dichiararmi soddisfatto sia della riparazione che del nuovo acquisto.

Neumann U47: L’alimentatore

Parte quarta: L’alimentatore

Di tutto questo progetto, l’alimentatore si è rivelata la parte più difficile da restaurare.

Le sue condizioni sono pessime; (Carlo dopo averlo acquistato all’asta, lo era andato a recuperare su un mucchio di rottami), è completamente arrugginito all’esterno e all’interno, le parti che non lo sono; sono completamente ossidate.

Purtroppo la ruggine non è solo superficiale, ma in alcuni punti ha iniziato letteralmente a mangiarsi il metallo. Qui occorre un intervento radicale: bisogna sverniciare tutto il telaio e il suo coperchio, smerigliarlo per riportare in vista il metallo sano e poi riverniciare. Questa operazione fa perdere quasi completamente l’originalità dell’oggetto, ma permette di continuare a utilizzarlo in studio in tutta sicurezza; in queste condizioni infatti l’ossido si comporta come un semi-isolante, provocando delle scariche tra i componenti elettronici, con il rischino che si guastino e causando rumori in uscita.

Dopo lo smontaggio completo ripulisco ogni componente dall’ossido e verifico che i singoli valori siano in tolleranza; controllo il trasformatore di alimentazione e lo isolo nuovamente con l’apposita resina, smonto l’interruttore di alimentazione e osservo lo stato dei contatti.

Discorso a parte a parte merita il Raddrizzatore al Selenio; questo componente è stato il primo dispositivo a stato solido in grado si trasformare la corrente alternata in continua. Questi componenti contengono parecchio Mercurio e quando vanno in cortocircuito tendono a scoppiare rilasciando dei gas tossici.

Per l’esperienza personale, se sono “di marca” ( Siemens, AEG, Telefunken), non danno problemi e possono essere lasciati al loro posto, in caso contrario vanno immediatamente sostituiti.

Finito con i componenti interni, passo all’esterno: smeriglio completamente tutte le parti di metallo, le zinco a freddo e poi le rivernicio con una vernice a base alluminio. queste vernici sono studiate per reggere il calore, e sono l’ideale per questo apparecchio dove il calore prodotto tende a rimanere all’interno.

Una volta riassemblato, testo l’alimentatore a banco; il ripple è a livelli normali e le scariche sono scomparse.

Conclusioni

Che dire? Questo microfono è un oggetto magnifico, non solo a livello tecnico, ma anche come storia e soprattutto come Suono.

Ed è questo che più di tutto il resto, lo ha reso un Icona tra i fonici di tutto il mondo; infatti una volta collegato alla DAW e fatte alcune Take di prova con un amica cantante, mi rendo conto che il suono della voce è stupendo: non né da equalizzare, né da comprimere è perfetto già cosi.

È veramente “il Microfono per la voce”.

Neumann U47: il Cavo

Tutti i microfoni Valvolari hanno bisogno di un loro alimentatore dedicato e quindi di un cavo che lo colleghi al microfono. Un cavo può sembrare un componente banale ma in realtà è molto importante: trasporta infatti in un verso, la corrente di alimentazione per i circuiti del microfono e, nel verso opposto il segnale audio che esce dal microfono. Deve quindi essere in grado di schermare efficacemente il segnale audio sia dai disturbi esterni, sia da quelli che arrivano dai fili di alimentazione. Per fare ciò ogni cavo è multipolare; al suo interno sono quindi presenti più fili di diametro diverso.

Nel caso del U47 il cavo è l’alimentatore sono stati sviluppati in un momento successivo: verso la fine degli anni 50′ la rete elettrica tedesca era stata ricostruita e la tensione di distribuzione era stata fissata a 110V, per le zone rurali e 220V per quelle cittadine. Per poter utilizzare i microfoni alla nuova tensione di alimentazione, la Neumann sviluppò l’alimentatore modello NG in grado di poter accettare in ingresso entrambe le tensioni di rete, e restituire in uscita i valori per il corretto funzionamento dei microfoni U47 e U48.

Da quel momento in poi tutti i microfoni nuovi sarebbero usciti con a corredo l’alimentatore e il cavo  dedicato, invece per quelli più vecchi si sarebbe potuto acquistare il tutto a parte.

IL cavo del nostro microfono è piuttosto malconcio: i connettori sono ossidati, le molle arrugginite, la gomma è rigida e tende a sbriciolarsi. In alcuni punti c’è anche della muffa biancastra. Dopo aver smontato i connettori mi accorgo che l’interno del cavo è formato da tre singoli fili separati tra loro da alcuni refoli di stoffa; questo complica le cose perché la Gomma Butilica del rivestimento esterno negli anni si è parzialmente sciolta e si è incollata ai refoli impedendo lo scorrimento degli stessi e dei relativi fili.Per i connettori non è un grosso problema: si smontano e si lucidano pezzo per pezzo, le molle arrugginite si smerigliano e poi una volta zincate si riverniciano con lo smalto; ma per il cavo è diverso.

Essendo di gomma  si dovrebbe sostituire in toto perché è pericoloso.

Bisogna infatti tenere conto che sul cavo ci sono circa 100V, e essendo l’isolante danneggiato potrebbe finire a contatto con l’operatore che potrebbe prendere la scossa.Dopo aver consultato un amico chimico, mi decido a utilizzare una serie di prodotti a base di silicone per trattare la parte di cavo ancora in buone condizioni e di tagliare la parte troppo danneggiata. Il cavo risulterà più corto di 40cm ma almeno sarà sicuro.

 

Dopo aver rimontato il tutto e averlo testato con un misuratore di isolamento, mi sento di dire, che ora il cavo può essere usato in totale sicurezza.

Nella prossima e ultima parte vedremo l’alimentatore di questo magnifico microfono.

Neumann U47: il Microfono

Salve a tutti.

Questo esemplare era stato acquistato da Carlo ad un asta di microfoni dismessi dalla Rai.

Su oggetti di questo tipo, con parecchi decenni di lavoro sulle spalle, non mi aspetto assolutamente che siano in buone condizioni, ma questo sembra ridotto proprio male: la griglia è ammaccata,la verniciatura esterna si scrosta e rimane sulle dita, il logo è sbiadito e il connettore Tuchel è ossidato.

In più non funziona, nel senso che il microfono è totalmente muto, tranne che nel primo mezzo secondo in cui il suono colpisce la capsula.Dopo qualche prova mi rendo conto che muovendo i connettori e il cavo di alimentazione compaiono scricchiolii e rumori vari; ma del suono in uscita nessuna traccia.

Questo mi fa capire che il microfono ha più di un guasto.

Essendo un oggetto molto particolare i ricambi sono introvabili, prima di proseguire smonto e verifico le due parti più importanti: la capsula e la valvola. Se queste non sono troppo danneggiate posso proseguire con il restauro; altrimenti dovrò fermarmi e capire se convenga o no ripristinare il microfono.La capsula una volta smontata appare come nella foto sottostante: completamente ricoperta da un sottile strato di polvere grigiastra, retaggio di quando negli studi si poteva ancora fumare.

Questo non è un grave problema dopo un delicata, ma accurata pulizia, essa torna splendente. Ho poi verificato con un microscopio che non presentasse né delaminazioni, né abrasioni, né buchi invisibili a occhio nudo.

Per essere certo che fosse perfettamente funzionante, ho collegato le lamine ad un emulatore che permette di  provare le capsule a regime dinamico, come se fossero collegate ai circuiti del microfono e la prova è risultata positiva; anche la risposta in frequenza è ottima.

Messa da parte la capsula, stacco la Valvola VF14 dallo zoccolo e mi accorgo subito che non ha la M di Microfone; (probabilmente negli anni mancando quella di ricambio si è sopperito usandone una normale) in ogni caso,  la testo con un provavalvole a Mutua Conduttanza e risulta ancora efficiente al 70% , quindi ancora utilizzabile.

Tirato un sospiro di sollievo, mi occupo del resto; il corpo internamente è molto ossidato ma non sembra danneggiato. verifico tutti i componenti ( resistenze, condensatori e il trasformatore di uscita),che risultano nella norma. Smonto ogni singola lamella della zoccolo, la disossido e la rimetto in sede; fatto ciò rimangono da sistemare la griglia,  la copertura e il connettore Tuchel. Per la griglia mi armo nuovamente di pazienza, la ribatto piano piano, usando i rebbi di un incudine e una volta raddrizzata la  pulisco e la lucido.

La copertura è invece più ostica: si potrebbe sabbiare e riverniciare, ma un trattamento del genere toglierebbe completamente l’originalità al microfono; nello stesso tempo non posso lasciarla così, non sarebbe utilizzabile in studio di registrazione.

Alla fine, dopo averci pensato a lungo, trovo un compromesso: nella parte interna luciderò la copertura per togliere l’ossido; all’esterno, invece passerò un panno da carrozziere per togliere le briciole di vernice già staccate e poi spalmerò una miscela di Metacril e relativo fissativo. Questa sostanza si usa per il restauro delle opere d’arte, crea una sottile patina trasparente opaca che protegge dalla corrosione, con il vantaggio di poter essere rimossa senza lasciare nessun tipo di residuo.

L’ultima difficoltà riguarda il connettore Tuchel, purtroppo non bisogna solo ripulire i contatti ma bisogna anche ripristinare la filettatura, perché essa regge tutto il peso del microfono. Ma dove posso trovare una Filiera di questo diametro e relativo passo? Dopo una lunga serie di mail e telefonate,( e Imprecazioni!!!) trovo una filiera su misura, e in questo modo riesco a rendere sicuro l’attacco ed evitare che cada sui piedi del cantante mentre si registra.

L’ultimo lavoro riguarda la riverniciatura e la lucidatura del logo Neumann.

Nel prossimo post vedremo il restauro del cavo di collegamento tra il microfono

e l’alimentatore.

Neumann U47 : Il RE

 

Neumann U47 : Il RE

Questo microfono è uno dei più interessanti che è arrivato qui in questo laboratorio lunare. Mi è stato consegnato dal Transeuropa Recording Studio perché lo restaurassi;  in quanto dopo la perdita di Carlo U.Rossi si è deciso di ristrutturare lo studio, e vendere parte del materiale presente.

Per me è un piacere occuparmene, perché Carlo è stato un mio insegnante  presso il Conservatorio di Cuneo.

 

Visto che il restauro si è rivelato piuttosto complicato, ho deciso di suddividerlo in più post distinti per illustrare meglio il lavoro svolto.

In questa prima parte illustrerò la storia di questa  leggenda della registrazione.

La Storia

Il Neumann U47 è essenzialmente figlio della Seconda Guerra Mondiale. Monta infatti una capsula M7, (la stessa  originariamente sviluppata per il microfono CMV 3 del 1928) e una valvola derivata da quelle montate sulle apparecchi militari utilizzate dalla Wehrmacht

Ma andiamo per ordine: alla fine della WW2 la Germania è distrutta e divisa in due; la rete di fornitura elettrica a livello nazionale è da ricostruire;  nel frattempo, si sopperisce localmente con generatori raccolti dove si può e che producono in uscita le più disparate tensioni,  da 60 a 110V, sia in AC che in DC. In questo frangente i maggiori produttori di radio misero in commercio degli apparecchi molto economici (per risparmiare sulle scarse materie prime) ma in grado di funzionare con queste tensioni non standard. Questo portò, a sua volta, alla richiesta ai maggiori produttori di valvole, come Telefunken e Siemens, di studiare nuovi tipi di valvole che si adattassero  alle tensioni e ai circuiti utilizzati. Siffatte aziende,però, non erano in grado di sviluppare tubi di nuova concezione , (mancavano i tecnici specializzati) e quindi, si limitarono a modificare i tipi già esistenti durante la guerra  per adattarli alle nuove esigenze.

Anche gli studi della Berliner Rundfunk (Radio Berlino) non se la passavano molto bene. I trasmettitori erano stati rimessi in funzione con materiale americano  ma mancavano microfoni validi , per questo si chiese a George Neumann di produrre un microfono di qualità, ma in grado di poter essere alimentato direttamente dalla rete elettrica, (senza usare un alimentatore) e che potesse funzionare in tutte le condizioni.  Neumann vista la scarsità di mezzi pensò di utilizzare ciò che aveva di già pronto in casa: la capsula M7. Per la valvola di amplificazione, invece, chiese alla Telefunken.

La Telefunken a sua volta usò quello che aveva : decise di modificare il pentodo che era stato il più diffuso  nelle apparecchiature militari l’ UF14. Era infatti utilizzato un po’ da tutte le parti, dalle radio da campo serie Torn, ai radar Würzburg, fino a razzi V2. Dopo poche modifiche nacque il VF14. Ogni lotto di valvole veniva accuratamente testato e solo quelle che rispondevano ai giusti requisiti di linearità, microfonicità e rumore venivano marchiate con una M (Microphon)e montate sui microfoni; quelle scartate venivano rispedite in fabbrica per essere usati nella normale produzione di radio.

Viste le sue qualità, questo pentodo venne montato inizialmente sui microfoni U47,e successivamente anche U48.

Il Numann U47 si è dimostrato, nel tempo, il miglior microfono di sempre per la registrazione della voce, sia maschile che femminile per il suo particolare dettaglio.

Carlo lo considerava “ IL” microfono per la voce.

Nel prossimo post vi illustrerò il restauro del Corpo di questo magnifico microfono.